Massimo Giovannini e Damiano Donati, insieme oltre la pizza.

Che Massimo Giovannini avesse voglia di andare “oltre la pizza” lo si era già capito nel 2015 quando nel suo giardino aveva dato vita alla prima edizione di Lieviti d’Autore, un’intima ma ben curata manifestazione dedicata alla pizza di qualità e alla birra artigianale.

Dopo Contaminazioni, l’evento benefico che si è svolto lo scorso Luglio, organizzato dalla neonata Associazione Pizza & Peace  di cui Massimo fa parte, l’ultima pensata in casa Apogeo è un ciclo di quattro appuntamenti con altrettanti nomi noti della ristorazione lucchese (e non solo). In occasione di ogni cena, lo chef e il pizzaiolo padrone di casa, si scambiano tecniche, idee e sapori con l’obiettivo, appunto, di andare oltre la pizza, facendo “lievitare il pensiero creativo” (cit.).

Giovedì 25 Gennaio si è tenuta la prima di queste cene e ad inaugurare il ciclo è stato Damiano Donati del Punto di Lucca, premiata come Trattoria dell’anno dalla Guida I Ristoranti d’Italia 2018 de l’Espresso.

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Il percorso proposto da Massimo e Damiano è un viaggio tra le lievitazioni, le fermentazioni e le rifermentazioni, che tocca non solo la cucina ma anche la scelta dei vini, curata da Rolling Wine, e-commerce di vini biologici e biodinamici.

Si inizia con un pane realizzato con doppio impasto di farina di ghiande e avena e di barbabietola rossa, patate e polenta, da “tuffare” nell’olio evo nuovo di Maremma.

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Dopo la prima “lievitazione”, la cena entra nel vivo con il crostone al cavolo nero e ortaggi di stagione. Il pane, preparato con l’estratto di cavolo nero e impastato con il lievito madre, è “decorato” da 12 verdure dell’orto, cotte separatamente e ciascuna in modo differente (crudo, vapore, spadellato). A condire, chutney di mela e polvere di barbabietola rossa e cavolo nero. Questo primo piatto è stato accompagnato da un calice di Camaleonte 2016 (Tai rosso e Garganega), dell’azienda veneta Siemàn, un vino bianco frizzante, rifermentato in bottiglia.

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Si prosegue sulla via della “fermentazione”, con i tacos di mais, verdure e legumi. Il taco è preparato con mais fermentato e al suo interno cavolo nero, broccolo romanesco e il fagiolo rosso di Lucca (Presidio Slow Food) pestato con succo di limone. In abbinamento un calice di Tibulato 2016 dell’azienda umbra Tiberi, un Trebbiano in purezza raccolto a mano e -dato il tema della serata- riferementato in bottiglia anche questo.

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E la pizza? Eccola che arriva. Pizza di castagne al vapore con pomodoro San Marzano DOP, lardo di Colonnata IGP ricotto per 15 ore sotto vuoto (in modo da renderlo più “scioglievole”) e ricotta ripassata in forno con gli aromi del lardo. Eccezionale! La pizza è accompagnata nuovamente da un vino veneto, il Tainot 2016 (Tocai Friulano, Pinot Bianco e Vespaiola) della cantina Matervi

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A chiudere la cena, i bomboloncini (fritti dalla cara Barbara!) ricoperti di zucchero e serviti caldi, assieme ad un bicchiere di The Thing il vino dolce dello spagnolo Alfredo Mestro.

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Un pizzaiolo e uno chef, la passione per la cucina e la loro voglia di sperimentare, e un’idea originale sono stati gli ingredienti di questo viaggio ben riuscito tra lievitazioni e fermentazioni, in cui ci siamo spinti, con grande soddisfazione per il palato,  #oltrelapizza.

Che forma prenderà adesso la creatività di Massimo e dei suoi ospiti? Lo scoprirete solo partecipando ad una (o a tutte!) delle prossime cene presso la Pizzeria Apogeo di Pietrasanta.

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PIZZERIA APOGEO

Via Pisanica, 136 – Pietrasanta (Lu)

Tel. 0584/793394

La degustazione di pizze, quel motivo in più per tornare da Apogeo.

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Pizza al vapore

Il problema dei menù di certe pizzerie è che vorresti farti portare tutto quello che è in carta. Non sempre però le persone sedute a tavola con te sono disposte a condividere le proprie ordinazioni e così spesso finisce che ti devi accontentare di assaggiare una pizza sola, che per quanto buonissima non riesce a placare la tua voglia di pizza.

Per i palati più curiosi, una soluzione può essere quella proposta da Massimo Giovannini, alla Pizzeria Apogeo di Pietrasanta, che offre ai suoi clienti, in ogni momento e senza prenotazione, la possibilità di scegliere il menù degustazione.  Io l’ho provato e posso garantire il risultato!

E’ una sera di Giugno ed è la prima volta che ceno nel giardino del locale, tra l’altro appena rinnovato, con candele e un lounge bar a disposizione dei clienti. Veramente una bella atmosfera.

Siamo in due e iniziamo il viaggio di degustazione (a sorpresa!) con la pizza al vapore, cotta in due tempi differenti, prima in teglia al vapore appunto, poi è messa sottovuoto e successivamente è rigenerata in forno ventilato. L’impasto utilizzato questa volta è lo stesso usato per fare il pane, ovvero un mix di farine con aggiunta di semi. Il risultato di questa cottura è un leggerissimo disco di pasta alto, croccante (quasi “vetrificato”) all’esterno e molto soffice e vaporoso all’interno. Ci viene servita in due varianti: una con pomodoro San Marzano, origano di Pantelleria e olio EVO e l’altra con l’aggiunta di burrata pugliese, alici del Mar Cantabrico  e capperi di Pantelleria. 

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Tris di gusti

Proseguiamo con una pizza che si fa in tre, con un “gusto” migliore dell’altro. Un terzo è con crema di asparagi preparata con maionese di soia, gambero rosso di Mazara del Vallo cotto a bassa temperatura, filetto di pomodoro San Marzano cotto in forno con origano, olio, sale e asparagi sbianchiti, un terzo con bottarga, burrata pugliese, zucchine del loro orto saltate in padella e aromatizzate con zenzero e granella di nocciole; per finire, l’ultimo terzo è con crema di zucchine aromatizzate con salsa tandoori, pomodori secchi e prosciutto cotto San Giovanni. 

La degustazione potrebbe essere conclusa, ma a noi sembra giusto proseguire (e concludere) il percorso con l’ottima focaccia, presentata in doppia veste: metà con tartare di fassona, insalata, burrata pugliese e maionese e l’altra metà con porchetta, burrata pugliese, cavolo verza e l’olio della porchetta stessa. 

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Le focacce

Il tutto accompagnato dalle bollicine del Franciacorta Brut Cantina Villa Crespia, chiamato Simbiotico proprio per l’utilizzo esclusivo di uve simbiotiche. L’abbinamento ben riuscito per questa “orizzontale” di pizza.

Se oltre alla bontà delle pizze di Massimo, al sorriso di Barbara, sua moglie, e alla simpatia di tutto lo staff, avessi avuto bisogno di un altro buon motivo per tornare sempre più spesso da Apogeo, ecco… potrei averlo trovato con il menù degustazione!

 

 


PIZZERIA APOGEO

Via Pisanica, 136 – Pietrasanta (Lu)

Tel. 0584/793394

Il conto: 3 pizze in formula degustazione, due birre piccole alla spina, una bottiglia di “Simbiotico” Villa Crespia = 79 €

Pizze da 7,5 a 15 € , pizza Margherita 7,5 €.

I Tigli: pizza o non pizza. E’ questo il problema?

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Simone Padoan e la sua cucina a vista

Che la pizza sia nata a Napoli è un dato di fatto. Ma forse non tutti sanno che per mangiare la pizza più buona d’Italia è necessario uscire dalla Campania e spostarsi un po’ più a nord, a San Bonifacio, in provincia di Verona. O almeno questo è quello che ci è stato insegnato.

Che sia o no la migliore pizza, quello che è certo è che a Simone Padoan va il merito di avere inventato un nuovo tipo di pizza, la pizza gourmet, e per questo motivo cenare almeno una volta da I Tigli diventa quasi un dovere “scientifico”, prima ancora che un piacere.

Design mimal, accoglienza molto professionale, un’ampia sala unica dove oltre ai tavoli, al centro, c’è anche un grande bancone conviviale, una vetrata sul fondo che svela il giardino, ma soprattutto una cucina a vista dove ci si può incantare osservando la brigata al lavoro. Basta mettere un piede nel “ristorante di pizza”, come è stato definito, per capire fin da subito che ci si trova in un luogo unico per il suo genere.

E’ il sabato sera prima dell’apertura di Vinitaly, siamo al terzo turno di servizio, il locale è affollato. C’è un po’ di confusione e da piccoli dettagli si percepisce un po’ di stanchezza da parte del personale di sala (un esempio? il croissant di benvenuto, che è già stato servito a tutti intorno a me, mi viene portato in ritardo, contemporaneamente all’arrivo della prima pizza e, soprattutto, dietro mia richiesta.) Ripendandoci, forse non è stata l’idea migliore andare in visita al tempio della pizza proprio quel giorno, ma d’altra parte non capita spesso di trovarsi nei paraggi di Verona, quindi meglio approfittarne.

Il momento della scelta è quasi un rituale sacro, fatto di suggestioni, di dettagli, di ricordi e l’occhio che si posa sul menù de I Tigli ne resta abbagliato dalla bellezza delle proposte e dall’eccellenza degli ingredienti. Se è la prima volta che ci si trova seduti lì, come lo era per me, arrivati a quel punto, la curiosità si trattiene a fatica e si ha solo voglia di ordinare per scoprire il prima possibile com’è la famosa pizza di Simone Padoan. Oltre ad un menù di pizze straordinario per ricchezza e varietà, una carta di birre artigianali (anche alla spina) e di vini di tutto rispetto, che tiene conto di produzioni indipendenti e naturali.

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La Pane e Parmigiano

Seppur orfana del menù degustazione, ho comunque la fortuna di poter assaggiare due pizze differenti, accompagnate da un bianco del Collio firmato Franco Terpin. Scelgo la Pane e Parmigiano, con carciofi e culatello di Zibello Antica Corte Pallavicina e una Pizza del giorno con carpaccio di dentice marinato agli agrumi, silene e crema di pistacchio. Voglio chiamarle pizze anche se la distanza tra quella di Padoan e una Verace è la stessa che c’è tra il suo locale e una comune pizzeria. L’impasto, lievitato naturalmente, è usato semplicemente come base su cui “poggiare”, piatti cucinati sapientemente, come la faraona al forno o il maialino da latte, o crudité di mare, tra cui la sua più famosa è quella con gambero rosso crudo e burrata. Buono l’impasto e ancor di più il topping che però ho trovato “slegato” dalla sua base. Quelle di Padoan più che pizze a me sono sembrate opere d’arte culinaria, disegnate su una tela di farina lievitata.

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La Pizza del Giorno

Fingersi stupita dai prezzi sarebbe sciocco anche perché nessuno ormai arriva a I Tigli ignaro. Ma nonostante la bellezza e la bontà delle creazioni, o l’abilità, la sapienza e l’innovazione che si riconosce a questa cucina, non riesco ad attribuire all’esperienza il valore richiesto e non nascondo che, pur essendo preparata, vedere certe cifre nero su bianco associate ad un piatto tradizionalmente popolare mi ha provocato un leggero fastidio.

Il rimpianto,  conseguenza di una serata così “affollata”, è quello di non aver ordinato il menù degustazione. Ancora non riesco a fare pace con me stessa per aver scordato di richiederlo anche se mi sento di condividere la colpa a metà con la cameriera che mi ha servita, che così come si è scordata di propormi i piatti fuori carta (che avevo però origliato dai miei vicini), ha completamente omesso la possibilità di fare un percorso di assaggio tra varie pizze. Probabilmente potrei tornare ad essere serena solo se sapessi che non si è trattato di dimenticanza ma semplicemente di sospensione dei menù degustazione in serate di quel tipo. Purtroppo, non lo saprò mai.

O forse sì, basta tornare a cena a San Bonifacio. Senza fretta però.


I TIGLI

Via Caporosolo, 11 – San Bonifacio (Vr)

Tel. 045/6102606

Il conto: 2 pizze, una bottiglia d’acqua naturale, una bottiglia di “Quinto Quarto Bianco” 2015 Franco Terpin = 86 €

Pizze da 10 a 36 €, pizza Margherita da 8 a 22 €.

Una degustazione di impasti? Saporè.

Andare a cena da Renato Bosco, nei giorni di Vinitaly, per me è diventata una missione.  Soprattutto quando i tuoi colleghi ti coinvolgono in cene a base di tortellini in brodo e bolliti che rifiuti anche a Natale, soprattutto se sai che è difficile trovare un tavolo disponibile nei giorni in cui sembra che tutto il mondo sia a Verona, soprattutto se il Renatone (si scherza, eh!) ha un suo spazio dentro la Fiera dove quotidianamente, su più turni, propone e racconta le sue pizze e tu in 4 giorni di evento non riesci a staccarti dallo stand nemmeno 10 minuti per fare un salto a vedere di che si tratta. Cenare da Saporè diventa quindi una sfida, più che una missione.

Quest’anno l’occasione me l’ha fornita un amico birraio che, coinvolto con un taptakeover delle sue birre proprio nel locale di Bosco, mi ha invitato ad accompagnarlo. (e per questo: ancora grazie Francesco!)

Arriviamo appena prima delle 20, abbiamo un tavolo riservato, siamo in 6. Ma sopratutto capisco che siamo gli ospiti che stavano aspettando e immagino che non sarà una cena qualunque. Il locale è lo stesso di un anno fa,  la differenza è che stasera c’è Renato, che ci accoglie, si ferma a parlare un po’ con noi e ci introduce alla degustazione. Eh già, perché lui ha scelto per noi e ha pensato di proporci un’esplorazione dei suoi impasti. E dato che lui è uno dei maestri indiscussi delle lievitazioni, questa non può che essere una grande notizia.

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Iniziamo con un la Mozzarella di Pane con burrata, acciughe e puntarelle. La mozzarella di pane è un qualcosa che non sembra nemmeno pizza, un panino piuttosto, se non addirittura una mozzarella, come ricorda il suo nome. E’ una piccola pallina, morbida, elastica, leggermente acidula che si presenta in questo modo grazie all’immersione nel siero della mozzarella e alla cottura al vapore. Il risultato è unico.

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Si prosegue con il Doppio Crunch farcito con mozzarella, stracchino e coscia di maiale. Il crunch (o doppio quando è imbottito) è la pizza in teglia di Renato Bosco, una specie di pizza alla romana, molto lievitata e croccantissima. Sicuramente uno degli impasti che preferisco.

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Arriva il turno dell’Aria di Pane, il suo cavallo di battaglia, tanto da essere addirittura un marchio registrato. L’aria di pane è una pizza molto alta, estremamente leggera, super soffice, realizzata solo con pasta madre viva. Ne assaggiamo due: aria di pane con mozzarella, pomodoro bio, zucchine e prosciutto cotto affumicato e aria di pane con burrata pugliese, agretti, bottarga di muggine sardo e zest di limone. Strepitosa, soprattutto la seconda combinazione.

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Il quinto assaggio è dedicato alla Pizza tonda senza lievito, realizzata con un processo di idrolisi. (per chi non lo sapesse,  idrolisi = “la reazione chimica per cui le molecole si dividono in due o più parti per la forza dell’acqua. Il protagonista di questo processo è il chicco di grano, naturalmente ricco di amido. Quando si immerge il chicco di grano in acqua calda, tra i 70 e gli 80 gradi, inizia la lisi degli amidi che spezza le molecole dei polimeri del glucosio – amilosio e amilopectina – di cui è formato l’amido. Attraverso il calore, si crea una sorta di gel, base per la fermentazione spontanea.” così parlò il Gambero Rosso). L’abbinamento proposto per questa pizza, leggera e digeribile, è con caprino fresco, olive e pomodori.

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E’ il momento della fragrante Pizza in pala, a lievitazione mista, servita su un tagliere e divisa in due farciture: mezza margherita con olive taggiasche e pomodorini e mezza con mozzarella di bufala, pancetta e monte veronese. Sono le ultime pizze che assaggiamo, ma non ne avremo mai abbastanza!

Ci ha proposto 5 impasti, per un totale di 7 pizze differenti che abbiamo diviso come buoni fratelli. Per ogni assaggio era stata studiata una diversa birra del Birrificio del Forte in abbinamento e per concludere ognuno ha scelto una delle creazioni dolci di Renato Bosco, ottime come tutte le sue pizze.

Un’esperienza piena di gusto, un viaggio unico attraverso le lievitazioni in compagnia di ottimi amici. Da ripetere il prima possibile.


SAPORE’

Via Ponte, 55A – San Martino Buon Albergo (Vr)

Tel. 045/8781791

Uva, menta & farina!

Le formiche

Le formiche di Fabio Vettori

Gita fuori porta a Trento, dopo una cena tipica a base di canederli e stinco, per la seconda serata decido di provare la buona pizza locale. La città vanta un paio di pizzerie “premiate” dalla guida Gambero Rosso e la mia scelta ricade (su consiglio di alcuni locals, più che per la qualità sui tempi di attesa) su Uva&Menta, pizzeria dal nome originale che ricorda più un’enoteca o cocktail bar invece che il tempio della lievitazione (si noti che Menta è il cognome del titolare). E’ sabato sera, fanno il doppio (se non addirittura il triplo!) turno, ma fortunatamente noi abbiamo prenotato. Il locale è su più livelli: si entra dove c’è la cassa e la cucina, si scende e a metà via si incontra il forno (a legna), più sotto c’è la sala con i tavoli. I coperti in totale non sono moltissimi, la stanza è sotto il livello della strada, ha solo delle piccole finestre in alto, nel complesso l’ambiente è un po’ freddo (in molti stanno cenando con il cappotto). A riscaldarlo ci pensano l’arredo e le grafiche alle pareti, colorate e simpatico (soprattutto la personalizzazione delle tovagliette, a cura di Fabio Vettori, artista locale noto ai più per le sue formiche).

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Re Jack

Come dice la guida il personale è veloce e sorridente. Cosa non sempre scontata!

Il menù è diviso in quattro parti, noi prendiamo una pizza e un “coccio” in modo da avere la possibilità di assaggiare prodotti differenti.

Scegliamo la Re Jack, pizza con mozzarella, crema di zucca, pancetta, mozzarella di bufala dopo cottura e pinoli. Ci arriva anche con la rucola, che non era segnalata nel menù, e non sappiamo se sia stato per svista o per decorazione. La pizza è ben cotta, non bruciata, ha un bel cornicione gonfio e croccante. Il topping è un po’ troppo “pesante” e questo rende la pizza impossibile da mangiare a spicchi. Inoltre, la rucola e, soprattutto, la bufala aggiunte a fine cottura hanno raffreddato immediatamente tutta la pizza e la mozzarella l’ha resa anche leggermente troppo “acquosa”.

Coccio Golden

Coccio Golden

Ordiniamo anche un “coccio” che usa lo stesso impasto della pizza ma ripiegato sui bordi, assumendo l’aspetto di una torta salata. Scegliamo il Coccio Golden con mozzarella, gorgonzola, mele golden, speck dell’Alto Adige e miele. Molto gustoso (ma la prossima volta ricordarsi che il miele sui bordi appiccica le mani!).

Non abbiamo controllato i vini perché siamo stati rapiti dalla buon selezione di birre artigianali alla spina e in bottiglia (noi abbiamo ordinato una zwickel e due birre del Birrificio Italiano, tutte alla spina).

Non abbiamo potuto ordinare dolci perché quello che ci incuriosiva era terminato e il resto della selezione era quasi esclusivamente a base di cacao o cioccolato (che io evito la sera!).

Buone le pizze, prezzi nella media, staff cortese. Nessun grande entusiasmo ma sicuramente esperienza da ripetere.


UVA & MENTA

Via Dietro Le Mura, 35 – Trento

Tel. 0461/1903162

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il conto

Il sapore di Saporè.

il crunch

il crunch

Quando inizi ad interessarti di pizze e pizzerie ci sono dei nomi che man mano diventano familiari: prima ci si innamora delle loro creazioni, poi li si colloca geograficamente, dopo diventano delle “celebrità” da voler incontrare (e gustare!). Questo è ciò che è successo a me e questo è il motivo per cui, trovandomi in Veneto per lavoro, non avrei potuto saltare per alcuna ragione una visita da Saporè, per degustare le forme della pizza di Renato Bosco, il “pizzaricercatore”.

E così, in una sera di Marzo, insieme ad un collega (home-pizza-maker) e complice un’amica (il mio faro tra le lievitazioni), vado a cena nella pizzeria di San Martino Buon Albergo, sicura di assaggiarne delle belle.

Il locale non è ampissimo, quindi si consiglia di prenotare il proprio tavolo. L’arredamento è curato, in stile shabby chic, con un’acustica leggermente fastidiosa quando la pizzeria è al completo. A fianco all’ingresso, un ulteriore fondo di proprietà, dove le creazioni targate Bosco vengono vendute al taglio.

l'aria di pane

l’aria di pane

Lui, per motivi personali, quella sera non è presente, ma lo staff del suo locale è ugualmente cordiale e capace di guidarci nell’ordinazione. Scegliamo di intraprendere un “percorso di degustazione” tra gli impasti, ordinando tre creazioni differenti e rimettendoci all’esperienza di chi ci sta servendo per la scelta dei condimenti. Il risultato è assolutamente appagante.

Nell’ordine degustiamo: un crunch con aringhe in carpione, cipolle, carote e uvetta, croccante e saporita; un’aria di pane classica, con burrata pugliese e prosciutto crudo Sant’Ilario stagionato 30 mesi, delicata e gustosa, sicuramente la nostra preferita, e per ultimo una bagel pizza con fonduta di Monte Veronese, riduzione di Amarone, insalata belga e pepe di Sarawak, unica nel suo genere (una punta di acidità eccessiva, forse causa dell’utilizzo del siero di mozzarella nell’impasto, rende il bagel il “meno buono” dei tre lievitati).

il bagel pizza

il bagel pizza

Per spiegarmi meglio: il crunch per Renato Bosco è una pizza cotta in teglia servita a trancio, l’aria di pane è un impasto molto soffice realizzato solo con lievito madre, il bagel è un impasto che viene sbollentato in una miscela di acqua e vino Amarone (in questo caso) per poi finire la cottura in forno, restando morbido e pastoso.

Da bere due pinte di birra artigianale alla spina (hanno artigianali anche in bottiglia) e nessun dolce, purtroppo, tranne un piccolo omaggio che ci fa la ragazza in sala: un’ottima fetta di colomba di loro produzione, realizzata con pere e fava tonka e servita con gelato artigianale allo zabaione: squisita!

Il conto è leggermente sopra alla media ma l’esperienza è stata grandiosa! Creatività nella scelta dei condimenti ma soprattutto  tanta abilità ed estro nella lavorazione degli impasti. Non vedo l’ora di poterci tornare.


SAPORE’

Via Ponte, 55A – San Martino Buon Albergo (Vr)

Tel. 045/8781791

il conto

il conto

Buona sì, ma cosa significa “lievitata”?

Ancora in trasferta in Romagna, decido di provare un’ulteriore pizzeria citata dalla guida del Gambero, il Birrodromo August di Riccione (Rn). Scelgo questo locale conquistata dalla promessa di un’offerta birraria valida e attirata dallatmosfera “da pub” che ben si addice al mio venerdì sera romagnolo.

Un unico ampio ambiente dominato dalla presenza del grande bancone attorno a cui girano spine, piatti e camerieri, molti tavoli, di varia altezza e dimensioni (anche tavoli tondi per gruppi), due maxi schermi. Se il vostro è un appuntamento romantico evitate questo locale, per tutto gli altri: via libera! Gradevole l’arredamento, sui toni del legno e dell’ardesia, creato con materiali di riciclo, tra cui mensole create con cassette di legno.

Camurria

Camurria

Il menù sulla tovaglietta divide le pizze in tre sezioni: classiche, speciali e lievitate. Ordiniamo due “lievitate”, senza chiedere spiegazioni, pensando che il nome abbia a che fare con una lievitazione maggiore. Una Camurria, con  fiordilatte, pomodoro fresco, broccoletti, alici del Cantabrico, pane grattato, basilico e olio, e una Luvacciona, con squaquerone di San Patrignano, mortadella e granella di pistacchio.

Un ventaglio di birre alla spina e in bottiglia, italiane e straniere, è quello che ci si aspetta da una pizzeria che è anche pub, ma la presenza di prodotti artigianali non è scontata e quindi gradita.

Luvacciona

Luvacciona

Buono l’impasto e anche la cottura (seppur a tratti bruciacchiata), anche se le pizze somigliano più ad una focaccia (che fosse questo il sinonimo di “lievitata”?). Gli ingredienti sembrano un po’ scollegati dal resto, proprio come se fossero stati appoggiati lì sopra all’ultimo, prima di portare il piatto al tavolo. In particolare, nella Luvacciona la mortadella non era legata alla basa e sembrava piùttosto come se fosse stata appoggiata su una fetta di pane a merenda. Nella Camurria invece i broccoli “croccanti” sembravano solo lievemente scottati e avevano poco sapore, ricordando il gusto dei broccoli sulle pizze vegetariane surgelate appena sfornate (eh si, lo ammetto, spesso anche io scivolo davanti al banco dei congelati).

E’ stata una serata piacevole, in cui abbiamo mangiato discretamente in mezzo ad molta confusione (dei clienti, non del personale!). Ho trovato le pizze abbastanza buone, ma non meritevoli dei due “spicchi” Gambero. Sicuramente se dovessi tornarci preferirei optare per una delle pizze classiche… se non addirittura per una vaschetta di patatine fritte!


BIRRODROMO AUGUST

Viale Lungorio, 1 – Riccione (Rn)

Tel. 0541/1836650

il conto

il conto

A San Patrignano la pizza è “stupefacente”.

Lo slogan scelto da questa pizzeria (“qualità stupefacente”) è una delle cose più azzeccate, insieme al nome della pizzeria stessa, Pizzeria Sp.Accio, che gioca su un doppio, se non addirittura triplice, significato, dato che la pizzeria, insieme ad altre attività legate all’agroalimentare, al design e all’artigianato, è uno dei satelliti della comunità di San Patrignano. (sì, esatto, “quella” comunità).

la Margherita

la Margherita

E’ martedi sera e anche se i tavoli sono quasi tutti pieni nessuno ci fa problemi per turni e di orari. L’arredamento è semplice perché in questo periodo la pizzeria è ospitata temporaneamente in una sede differente (causa lavori nella location originale) ma c’è comunque il forno a legna, un ampio spazio e il personale di sala numeroso, giovane e sorridente.

Il menù è chiaro, completo e (detto dal cuoco che siede con me) difficile da tenere aggiornato ed oltre alle pizze ha una sezione dedicata alla cucina e una ai dolci. La parte “pizzeria” è articolata in quattro capitoli (la tradizione, le classiche, il gusto, la creatività) che arrivano dopo un’intro sulla nascita del progetto, sulla lavorazione degli impasti e sull’origine delle materie prime e degli ingredienti delle pizze.

Sotto il nome di ogni pizza è indicato il vino e la birra (spesso artigianale) che meglio vi si abbina, inoltre c’è sempre il suggerimento per un impasto diverso da quello tradizionale (le possibilità sono: classico, kamut, grano spezzato con farina di farro). Il lievito utilizzato per tutti gli impasti è quello naturale, nato nel 2005 da due mele verdi e una gialla, come recita orgogliosamente il menù. Non sono certa che la lista vari a seconda delle stagioni, e sicuramente non vi erano delle proposte extra carta, ma è doveroso notare che molti degli ingredienti utilizzati sono autoprodotti dalla comunità, quindi a Km0 o quasi.

la Gatteau

la Gatteau

Scegliamo 3 pizze: una della “tradizione”, la Margherita con impasto regolare,  la Gatteau, dalla sezione “gusto”, con impasto di kamut, e una pizza “creativa”, la Mondiale, anche questa con l’impasto consigliato, quello al farro e grano spezzato.

Della Margherita ne assaggio solo uno spicchio, quindi posso dire poco, tranne il fatto che era molto calda e molto tonda! Non apprezzo particolarmente le pizze con salsa di pomodoro, ma questa era gradevole e l’impasto era soffice.

Le altre due pizze ci arrivano contemporaneamente e questo, insieme ad un ambiente non troppo riscaldato e ad un piatto di servizio non fosse nemmeno vagamente tiepido, fa si che le due pizze si raffreddino quasi subito. Peccato. Temperatura a parte, le due creazioni sono un piacere per gli occhi e per il palato.

la Mondiale

la Mondiale

La Gatteau (con mousse di patate al rosmarino, mozzarella fior di latte, salame di Brinato di San Patrignano e Grana Padano) ci sorprende per la sua delicatezza mentre la Mondiale (con mozzarella di bufala, salsiccia di Mora, cuori di carciofini, topinambur e riduzione di Aulente) ha un profumo che ricorda una passeggiata di dicembre tra i mercatini delle Fiandre. Impasti azzeccati, pizze ben cotte e abbinamenti interessanti. Anche questa volta il Gambero ha avuto ragione.

L’unico rammarico che abbiamo è quello di non aver cenato nell’antico casale, sede originale della pizzeria e dello showroom, ora in fase di ristrutturazione. Diciamo che useremo questa scusa… per tornarci presto!


PIZZERIA SP.ACCIO

Via San Patrignano, 66 – Coriano (RN)

Tel. 0541/362488

il conto

il conto

 

L’Apogeo della pizza, di nome e di fatto.

Culatello, rucola, pomodorini e fiocchi di burata

Culatello, rucola, pomodorini e fiocchi di burata

Finalmente i nostri occhi e le nostre papille hanno incontrato una pizzeria di cui si è felici di parlare, che si trova a Pietrasanta (Lu) e si chiama Apogeo. Massimo, pizzaiolo e proprietario, ha una passione vera e nel suo “tempio” ogni cosa, a partire dagli ingredienti scelti fino alle decorazioni, ci comunica questo amore.

Un piccolo cascinale (che ha un giardino che in estate deve essere favoloso!), il sorriso che ci accoglie all’ingresso, il forno a vista, un ambiente molto luminoso. La sala per i clienti è al piano superiore e questo non ci permette di vedere le “mani in pasta”, ma il dispiacere di non essere lontani dal pizzaiolo all’opera è compensato dalla gentilezza e disponibilità del personale.

Ambiente confortevole, pulito, spazioso, forse un tantino rumoroso nel clou della serata, quando la sala è piena. Arredamento minimale, moderno, sui toni del bianco e grigio. Accogliente e, nella sua semplicità, elegante.

Burrata e alici

Burrata e alici

Il menù delle pizze è ben organizzato: diviso tra pizze della tradizione, pizze oggi e pizze di innovazione (pizze gastronomiche, o gourmet, che dir si voglia), guida facilmente il cliente nella scelta. A completare l’offerta un’indicazione con le pizze “di stagione”, che varia in base alle materie disponibili e all’ispirazione della cucina. Inoltre, nel menù, anche antipasti, grigliate, insalate e dessert. La carta dei vini è composta da etichette di qualità suddivise per regione di provenienza, con una proposta di vini al bicchiere. Le birre sono artigianali sia alla spina che in bottiglia. 

Siamo in quattro e scegliamo di ordinare ciascuno una pizza diversa da condividere, per poter sperimentare più combinazioni. Accettiamo di fare la “degustazione”, così come proposto dal cameriere (ovvero: un’alzatina sul tavolo e pizze che ci vengano servite una alla volta e già porzionate) ma solo a posteriori capiamo che questo escamotage è banalmente un modo per semplificare l’attività del forno e a noi, che già eravamo pronti a dividerci le nostre pizze, non porta alcun vantaggio.

Porcini, roquefort e speck

Porcini, roquefort e speck

Mentre aspettiamo le pizze ci viene servito un omaggio di benvenuto: un quadretto di schiacciata di farina integrale farcita con un po’ di porchetta e un formaggio cremoso (senza nome!). E’ vero, il coperto si paga (1, 50 € cad.) ma diciamocelo: sono più frequenti i locali che per la stessa cifra non solo non offrono niente, ma a volte faticano addirittura ad essere cortesi!

Ordiniamo una pizza di stagione, la Filetto di baccalà cotto a vapore e stufato in salsa di pelati, foglie di cavolo nero, crema di ceci e julienne di cipolla caramellata, due pizze “oggi”, Porcini, roquefort e speck e, a base bianca, Culatello, rucola, pomodorini e fiocchi di burata. Tra le pizze “innovazione” scegliamo una Burrata e alici, con burrata pugiese, alici del mar cantabrico e filetti del pomodoro.

L’impasto è lo stesso per tutte le pizze: una miscela di due diverse farine macinate a pietra (Petra 1 e Petra 9), impiego di lievito madre e lunga lievitazione.  Se proprio devo essere “capricciosa” dico che in alcune delle pizze assaggiate l’impasto sembrava appena più asciutto, ma nel complesso era molto saporito, croccante all’esterno e morbido internamente.

Rispetto alla scelta dei condimenti, devo ammettere di aver peccato di ingenuità nel non chiedere conferma che le pizze fossero tutte a base bianca (eh si, ho una personale avversione per la salsa di pomodoro!) e così due su quatto erano rosse come un bel tramonto d’estate. Fortunatamente però non sono l’unica a non aver particolarmente gradito la scelta di combinare il roquefort con il pomodoro, così come quella di stufare il baccalà nella salsa di pelati. E’ vero anche che nelle pizze senza salsa gli ingredienti che la farcivano risultavano un po’ “slegati” dall’impasto. In generale comunque, le pizze erano ben condite e su ogni fetta si potevano ritrovare tutti gli ingredienti del menù (evitando litigi o furti tra i commensali!). La migliore? Senza dubbio la burrata&alici!

Filetto di baccalà cotto a vapore e stufato in salsa di pelati, foglie di cavolo nero, crema di ceci e julienne di cipolla caramellata

Filetto di baccalà cotto a vapore e stufato in salsa di pelati, foglie di cavolo nero, crema di ceci e julienne di cipolla caramellata

Apogeo è la prima pizzeria che ci ha soddisfatti veramente: per la scelta degli ingredienti, la creatività nelle combinazioni, la varietà delle proposte, oltre che per la cortesia, la professionalità e la qualità del contesto.

L’apogeo della pizza (di zona), di nome e di fatto e la conferma che i 3 spicchi Gambero Rosso questa volta sono stati assegnati per meriti sul campo.

Peccato che non sia sotto casa, altrimenti sarebbe una tappa fissa!


PIZZERIA APOGEO

Via Pisanica, 136 – Pietrasanta (Lu)

Tel. 0584/793394

il conto

il conto

Se il Gambero va a L’Oliveta…

Anno nuovo, nuovi progetti! E così ieri abbiamo deciso di cominciare la nostra avventura “pizzaria”. Lo spunto per la partenza ci viene fornito dalla regina dei consigli in ambito gastronomico, la Guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso, che per la nostra provincia (Pisa!) segnala una pizzeria fuori città, L’Oliveta in località Avane.

Anche se la guida non assegna alla pizzeria nessun premio particolare, crediamo che meriti di essere visitata anche semplicemente per il fatto di essere menzionata in quelle pagine.

il menu delle pizze

il menu delle pizze

Prenotiamo un tavolo per due ed arriviamo quando la sala non è ancora colma. Ambiente accogliente, curato, in linea con la tradizione toscana. Sul fondo della sala, leggermente in disparte, il forno a legna.

Da subito però ci accorgiamo che qualcosa non andrà come previsto… eppure abbiamo letto bene, il Gambero ha scelto di dedicare una pagina proprio a questa osteria.

Il menù delle pizze è limitato e anche se il pizzaiolo può comporre i gusti dei clienti (sempre che gli ingredienti siano disponibili) si nota una totale assenza di creatività e propositività.

Prendiamo una 4 formaggi bianca e una focaccia crudo e mozzarella. La pizza arriva con una decozione di basilico fresco, il condimento è saporito, forse si sentono un po’ troppo i toni dolci della ricotta (?). La focaccia ha una dimensione giusta, all’interno un buon prosciutto toscano.

La pizza è “all’italiana”, ma con una base troppo friabile, impossibile da tagliare senza sgretolarla.

4 Formaggi

4 formaggi

Focaccia crudo e mozzarella

focaccia crudo e mozzarella

Da bere abbiamo ordinato birra alla spina (Forst?) e acqua. Purtroppo i gestori, mentre sembrano prestare attenzione alle etichette di vino, non hanno dato alcuno spazio, al momento, alla birra artigianale.

L’Oliveta, probabilmente ha una vocazione molto più da osteria, motivo per la quale è diventata famosa negli anni ma l’esperienza “pizza” è stata mediocre e senza qualcosa per la quale valga di essere consigliata.

Viene da chiedersi come mai sia stata indicata sulla guida. Probabilmente, se il Gambero va a L’Oliveta… è perché ha sbagliato strada!


L’OLIVETA – ANTICA OSTERIA

Via Casapieri, 55 – Avane (Pi)

Tel. 050/864210

il conto

il conto