Aperta nel 1989 ma chiusa da oltre un anno per ristrutturazione, la scorsa settimana ha ripreso a sfornare pizze ed accogliere clienti La Casina, locale storico di Marina di Massa.
Divenuta pizzeria dopo essere stata prima un circolo e poi un ristorante, la casina è da sempre un luogo “del cuore” per i fratelli Landucci perché è lì che il loro nonno, ancora prima di occuparsi di ristorazione, teneva gli animali e passava la domenica, “bisbocciando” con gli amici.
Oggi, con la stessa gestione e conduzione “più che familiare”, il locale completamente rinnovato propone “in chiave metropolitana, un’offerta in grado di coniugare innovazione e tradizione”(cit.).
La ristrutturazione ha completamente stravolto il fabbricato in modo da creare un ambiente vivace e molto trendy. Luci soffuse, spazi aperti ed accoglienti, stile contemporaneo con influenze vintage e industrial. Simpatiche scritte sui muri (tra cui keep calm and bacia il cuoco o l’eat, drink and divertiti del titolo) danno un tocco amichevole ed informale. Possibilità di mangiare anche al bancone o di scegliere il “social table” ovvero un grande tavolo conviviale che dovrebbe favorire gli incontri tra le persone e lo scambio di idee. Al piano superiore una saletta lounge e una terrazza per l’estate.
Per volere di Alessandro e Enrico (rispettivamente pizzaiolo e cuoco, nonché fratelli gemelli!), sia la pizzeria che la cucina sono a vista, perché cucinare è un’arte e la preparazione dei cibi è già in sé forma di intrattenimento.
La Casina, che è aperta ogni giorno dalla mattina fino a mezzanotte, offre ai clienti la possibilità di fare colazione con cornetti e torte homemade, di fermarsi a pranzo per gustare un club sandwich o un panino gourmet, di sorseggiare un cocktail come aperitivo o afterdinner. Per la cena, oltre alla pizza, anche la proposta di carne o pesce della cucina.
Più che di pizza sarebbe meglio parlare di pizze, data l’offerta variegata. C’è la pizza fritta, ci sono le pizze classiche e i calzoni cotti in forno a legna e poi ci sono le proposte degustazione, realizzate con impasti differenti: il crock, croccante e leggero, ad alta idratazione cotto in teglia nel forno elettrico, il pouf, integrale e soffice come il suo nome con solo lievito madre, e il bagel, impasto soffice al latte realizzato con l’aggiunta di semi misti, che resta più alto per essere farcito.
Tra la materie prime utilizzate, oltre a farine bio e macinate a pietra, molti presidi Slow Food e prodotti del territorio. Inoltre, birra artigianale in bottiglia, una nutrita carta dei vini, che prevede anche bollicine francesi, e una piccola proposta di cocktail.
Durante l’inaugurazione è stato offerto a tutti un ricco aperitivo a base di primi piatti, pizze e vino (in abbondanza!). Tra gli assaggi, sono stati sfornati: la pizza Margherita e la Marinara, la focaccia bianca tipica della zona e quella con impasto di semi, il crock con prosciutto cotto, l’originalissimo bagel con salame e a volontà crostini di pane aromatizzato. Anche se le pizze proposte nel corso della serata non erano particolarmente originali, non è stato difficile intuire la creatività e la bravura di questi ragazzi, così abili e motivati.
E’ bello entrare in una pizzeria e pensare di non avere tempo a sufficienza per assaggiare tutto, ed è ancora più bello entrare in una pizzeria e sentire di non volersene andare più. E’ quello che mi è successo la sera dell’inaugurazione de La Casina ed è per questo che cercherò di tornarci presto.
LA CASINA
Via San Giuseppe Vecchio, 220 – Massa
Tel. 324/5824410
Pizze da 5,50€ a 14€, pizza Margherita 6€.








Il menù delle pizze si divide in pizze classiche, pizze speciali e focacce che simpaticamente hanno nomi che ricordano la città di Pisa e la “pisanità” (personaggi, luoghi, avvenimenti). A parte, la carta con le pizze del giorno. Ogni pizza può essere richiesta anche con impasto senza glutine.
Dato il numero di commensali, pensiamo che la soluzione migliore per la serata sia quella di lasciare che il pizzaiolo ci proponga le pizze che preferisce e nell’ordine che ritiene più giusto. Noi ci limiteremo a condividerle.
Le pizze assaggiate durante la cena sono state talmente tante che è difficile trovare la migliore. Molto delicata la lardo, zola e pere, leggera quella con i carciofi freschi e pecorino, insolita quella con cacciucco e burrata. Davvero originale il cestino di trippa! In generale comunque tutte fragranti, leggere e molto digeribili.














E così, in un sabato pomeriggio d’inverno riesco nell’impresa di prenotare in extremis (ultimo servizio delle 22:15) un tavolo per due, addirittura per il giorno stesso.
Iniziamo a sfogliare il menù, stuzzicando la fame con un coccetto di olive di benvenuto, che ci viene offerto all’arrivo. Tra le pagine, fotografiche ma minimali, topping creativi, materie di qualità, stagionalità dei prodotti. Sul tavolo, una lavagnetta suggerisce le due proposte di degustazione, da 4 o 6 spicchi (min. 2 persone), servite al tavolo un quarto alla volta. Non ci viene invece consegnata né la carta dei vini, molte le bottiglie esposte, né la lista delle birre, che sono sia industriali che artigianali – alla spine e in bottiglia -, e per l’ordine dobbiamo affidarci alle indicazioni del sommelier di sala. La presenza di un professionista di questo tipo non è mai scontata e nel caso di una pizzeria, di queste dimensioni, ci sorprende ancor di più.
Sono molte le pizze che ci attirano e per questo optiamo per il percorso di degustazione, così da poter esplorare gusti differenti. Iniziamo con l’opzione “4 spicchi”, chiedendo però una variazione alla selezione proposta dal pizzaiolo.
La prima pizza che ci viene servita è la Marroni, speck e trevisano con marroni del Mugello Igp, patata del Fucino Igp, formaggio Asiago, speck e radicchio travisano. Il mio colpo di fulmine è per la Patate, pioppini e Reblochon, con burro salato della Normandia, patata del Fucino Igp lessate e leggermente affumicate, funghi pioppini in cottura, formaggio Reblochon e rosmarino. Si prosegue con la Cime di rapa, salsiccia e zafferano, con bufala allo zafferano, cime di rapa, salsiccia e zafferano di San Miniato. La quarta e, in teoria, ultima pizza, Capra e Cavolo con robiola di capra stagionata, cavolo cappuccio stufato, nocciole, uvetta, mele Fuji e aceto balsamico. La degustazione sarebbe terminata qui, ma dato che la curiosità (non la fame!) è ancora forte, attratti dalla Cacio e Pepe, chiediamo di poter fare un’ulteriore eccezione al menù degustazione, aggiungendo ancora 1 spicchio a testa fuori carta (variazione che ci viene concessa solo perché ci troviamo a fine servizio). In quest’ultima, base di formaggio Asiago e pecorino di fossa leggermente fuso con pepe nero di Sarawak.
L’impasto, soffice e croccante, è ben lievitato e cotto in forno a legna in modo impeccabile. Cioè che lo rende unico è l’utilizzo di acqua di mare nel suo sviluppo, che, come si legge sul menù, lo arricchisce di nutrienti e consente di non aggiungere sale.
Prima di rientrare riesco a scambiare qualche parola con Stefano e suo nipote Filippo, sapiente fornaio, e mi ricredo su alcuni aspetti. Avevo giudicato questo locale con troppa velocità, ma effettivamente mi sono resa conto di alcune cose: l’ambiente ristretto e il numero di richieste non permettono veramente di servire gruppi (ragione per cui mi ero un po’ arrabbiata qualche anno fa); la brigata è numerosa e la qualità è mantenuta su tutta la linea e questo potrebbe giustificare – non del tutto – il prezzo leggermente sopra la media delle altre pizzerie di pari livello.
Il locale, in pieno centro storico, è arredato in modo semplice e moderno sui toni del bianco e per questo molto luminoso. Il personale sorridente, veste una divisa minimale molto curata nella sua semplicità.
Pierluigi mette in chiaro subito le sue origini e il tipo di pizza che propone nel suo locale, aprendo la cena con una montanara con scarola saltata in padella, baccalà e battuto di capperi e olive. La montanara, o pizza fritta, è tipica della tradizione gastronomica napoletana e non a caso O Scugnizzo rientra tra le pizzerie segnalate dall’
Si prosegue con una seconda montanara con ricotta di bufala affumicata, pomodorino confit preparato nel forno a legna con aggiunta di timo, acciuga di Cetara e granella di cucunci. Un abbinamento sapido-fumé per una pizza fritta con maestria e non facile da scordare.
Chiuso il capitolo (ahinoi!) con le pizze fritte, si passa al cavallo di battaglia del pizzaiolo, ovvero la pizza verace, che ha ottenuto la certificazione “verace pizza napoletana” dalla A.V. P. N. nonostante sia cotta in forno a gas.
La prima è con fior di latte, passato di broccoli, broccoli saltati in padella e lardo del Grigio del Casentino della Macelleria Salumeria Simone Fracassi. La seconda con fior di latte di Agerola, zucca, provolone del Monaco DOP e tarese croccante del Valdarno, presidio Slow Food. Due pizze molto buone, ricche di sapori, omaggio all’autunno e alle terre che sono nel cuore del pizzaiolo.
Chiude la degustazione la pizza che ha debuttato a
Per finire in bellezza, anzi, in dolcezza, una montanarina con Galamella (la versione napoletana della più nota crema splamabile di di nocciole), zucchero e granella di nocciole, abbinata ad un liquore di latte di bufala.
Pareti grigio argento e rosso amaranto, tavoli in vetro, luci soffuse, forno a legna a vista e un bel banco scuro al centro della sala sono alcuni dei dettagli di un ambiente moderno e curato. Oltre a questo, la batteria, posizionata all’ingresso per le serate di jazz, è un particolare che resta nella memoria. Il menù fotografico, naturalmente ben esplicativo, è forse troppo didascalico e un po’ poco elegante per armonizzarsi con il contesto.
Decidiamo di ordinare due pizze gourmet e dopo lunga consultazione la scelta ricade su: Monterosa, con scarole alla napoletana, prosciutto crudo Bazzone della Garfagnana Presidio Slow Food e burrata pugliese, basilico fresco, e la Pomidoro, con provola di Agerola, pomodori gialli del Piennolo Presidio Slow Food, acciughe e colatura di Cetara, basilico fresco.
Seguendo il consiglio, le abbiniamo ad una bottiglia Fines Bulles di Mathiu Cosme, un metodo classico bio prodotto con chenin blanc della Loira. Si rivela un’ottima scelta anche se la decisione è molto combattuta dato che al Borgo, oltre ad una buona proposta i birre artigianali in bottiglia (tra cui Baladin e Piccolo Birrificio Clandestino), c’è una carta dei vini molto ampia, curata direttamente da Anna, sommelier appassionata. Per i meno esperti (o più timidi!), il menù suggerisce una serie di abbinamenti tra pizza gourmet e vino.
Andrea, per gli amici Cecio, è un ottimo padrone di casa e in qualche modo è l’amico che vorresti avere: curioso e appassionato, chiacchierone, molto ospitale e soprattutto abile pizzaiolo. Ha iniziato a mettere le mani in pasta nei weekend, per arrotondare il suo stipendio di operaio. Poi, quasi dieci anni fa, ha cambiato vita aprendo la sua pizzeria, dove è stato da subito capace di fare la differenza.
A cena in tre abbiamo voluto assaggiare la Pizza Bon Cecio, bianca con semi misti, ricotta della Garfagnana, pancetta porchettata e pepe selvatico del Madagascar, una Pizza Gourmet Bianca del giorno, con cavolo verza speziato al curry, capocollo di cinta senese Dop e provola (sostituita all’ultimo dalla bufala) e ovviamente una Pizza Margherita.
Tornerò certamente da Cecio, magari un Giovedi, quando Andrea propone ai suoi clienti l’impasto 100% enkir o nel periodo natalizio per acquistare il suo panettone, sicuramente da non perdere.
Da ieri l’apertura ufficiale, preceduta dall’inaugurazione di sabato e dal pre-opening di venerdì riservato alla stampa al quale ho partecipato insieme all’amica Luciana, appassionata pizzofila e penna, tra le altre cose, di
Alla domanda “Come mai proprio a Lucca?” lo staff ci risponde che tra i produttori della zona, più che altrove, hanno potuto riscontrare un’attenzione al naturale e al biodinamico perfettamente in linea con la filosofia di
In questi mesi estivi, la pizzeria sarà aperta da martedì a domenica e solo in orario serale ma non è escluso che da ottobre le cose possano cambiare. Così come non è escluso che a breve possa essere introdotta la possibilità di un menù degustazione che affiancherà la quotidiana proposta senza servizio al tavolo.