Oltre le pizze degustazione, oltre le cene a quattro mani, oltre i topping “stellati” semplicemente oltre la pizza è il viaggio in quattro tappe che Massimo Giovanni della Pizzeria Apogeo di Pietrasanta (Lu) ci ha invitato a fare a partire dallo scorso Gennaio.
Un viaggio sul confine tra pizza e cucina, tra lievitazioni e fermentazioni, percorso in compagnia di quattro chef (e amici): Damiano Donati del Punto e Benedetto Rullo del Ristorante Giglio, entrambi a Lucca, Francesco Piacentini della Locanda di Mezzo di Barga e Masaki Kuroda del Serendepico di Gragnano.
All’appuntamento inaugurale con Damiano Donati ero presente anche io (come ho raccontato qui) e per nessuna ragione mi sarei persa le sperimentazioni “nipponiche” della serata di chiusura con Masaki Kuroda.
Iniziamo con una doppia entrata: cozza sur lie e mochi di mare. La cozza sur lie è una cozza gratinata con panko, servita su una cialda di lievito madre colorata al nero di seppia con maionese al mentaiko e lime. Nello stesso piatto anche il mochi di mare, una sfoglia di mochi soffiato su cui è servito il gambero rosso marinato allo yuzu con crema di formaggio, yuzu e erba cipollina.

Si prosegue con due assaggi fritti, in cui ingredienti italiani si mixano con le tecniche di frittura giapponesi e viceversa. Assaggiamo una pizza fritta di riso mochi, lievito madre e tè verde, servita con del dentice marinato allo zenzero insaporito da fiocchi di palamita affumicata ed essiccata ed erba cipollina. L’interpretazione giapponese invece è un pane in tempura, impastato all’Apogeo, con semi di finocchio e umeboshi, insalatina mista e pagello seccato al sole con salsa yuzu.

Ma si può privare un pizzaiolo della sua pizza? Certo che no! Ed ecco che arriva anche la pizza in una speciale versione nipponica. La proposta è infatti di una pizza al vapore con alga wakame tritata nell’impasto, farcita con palamita marinata con alga kombu e condita con salsa di soia, zenzero e spuma di pomodoro e alghe kombu, con aggiunta di alghe in polvere.

L’ultima portata è il raviolo di lievito madre ripieno di anguilla al carbone, cotto “come il tordello versiliese” (cit.) e poi condito con fondo di anguilla, salsa di soia, pepe sansho e fiori di sambuco.

La cena si chiude con un doppio dessert italo-giapponese: il bomboloncino al cacao ripieno di purea di fragole e la frittella mochi con una salsa di cioccolato bianco, miso in polvere, frutti di bosco e zucchero giapponese.

Nei calici, per accompagnare la serata, i vini de Il Calamaio, giovane azienda lucchese, presentati da Samuele Bianchi, ingegnere di professione, vignaiolo per passione, nonché fondatore dell’azienda.
Già dal menù potevamo intuire che il viaggio “oltre continente” pensato da Massimo e Masaki ci avrebbe sorpreso e non poco. Ma oltre allo stupore, si è aggiunta la soddisfazione per una cena inaspettata, originale e anche molto divertente per il palato e non solo!
Adesso non ci resta che aspettare la prossima destinazione, sperando che il viaggio #oltrelapizza continui.





Il menù delle pizze si divide in pizze classiche, pizze speciali e focacce che simpaticamente hanno nomi che ricordano la città di Pisa e la “pisanità” (personaggi, luoghi, avvenimenti). A parte, la carta con le pizze del giorno. Ogni pizza può essere richiesta anche con impasto senza glutine.
Dato il numero di commensali, pensiamo che la soluzione migliore per la serata sia quella di lasciare che il pizzaiolo ci proponga le pizze che preferisce e nell’ordine che ritiene più giusto. Noi ci limiteremo a condividerle.
Le pizze assaggiate durante la cena sono state talmente tante che è difficile trovare la migliore. Molto delicata la lardo, zola e pere, leggera quella con i carciofi freschi e pecorino, insolita quella con cacciucco e burrata. Davvero originale il cestino di trippa! In generale comunque tutte fragranti, leggere e molto digeribili.






La pizzeria, in pieno centro storico, ha preso il posto di un’osteria siciliana molto apprezzata, alla quale ero particolarmente affezionata. Della grazia del precedente locale però conserva solo il pavimento in cotto e il soffitto a volte, perché purtroppo la riorganizzazione degli spazi ha fatto perdere ampiezza all’ambiente e l’arredamento scelto (sedie in plastica, televisore a parete, illuminazione a giorno e un bancone imponente) non è esattamente quello che ti aspetteresti di trovare in una casa torre medievale.
Incuriosita dalla proposta gourmet, ho ordinato due pizze fuori menù, entrambe bianche. Una con fior di latte, fiori di zucca, stracciatella di bufala e acciughe del Mar Cantabrico e l’altra, su consiglio della ragazza in sala, con bufala campana DOP, pomodori arrostiti, battuto di basilico e pinoli.
Andrea, per gli amici Cecio, è un ottimo padrone di casa e in qualche modo è l’amico che vorresti avere: curioso e appassionato, chiacchierone, molto ospitale e soprattutto abile pizzaiolo. Ha iniziato a mettere le mani in pasta nei weekend, per arrotondare il suo stipendio di operaio. Poi, quasi dieci anni fa, ha cambiato vita aprendo la sua pizzeria, dove è stato da subito capace di fare la differenza.
A cena in tre abbiamo voluto assaggiare la Pizza Bon Cecio, bianca con semi misti, ricotta della Garfagnana, pancetta porchettata e pepe selvatico del Madagascar, una Pizza Gourmet Bianca del giorno, con cavolo verza speziato al curry, capocollo di cinta senese Dop e provola (sostituita all’ultimo dalla bufala) e ovviamente una Pizza Margherita.
Tornerò certamente da Cecio, magari un Giovedi, quando Andrea propone ai suoi clienti l’impasto 100% enkir o nel periodo natalizio per acquistare il suo panettone, sicuramente da non perdere.
Nata come pizzeria ma diventata celebre per le sue carni, la
Dopo una consultazione scegliamo queste cinque pizze: due Panacea, rossa con radicchio trevisano, noci bufala e olio tartufato (una ordinata anche con aggiunta di prosciutto crudo), la del Pastore, rossa con porri, pecorino, rucola e pomodori ciliegini, l’Amalfitana, rossa con prosciutto crudo, mozzarella di bufala e pomodori ciliegini e la Pinolina Bianca, con radicchio travisano, pinoli, rucola e salame toscano (sostituito da prosciutto crudo). Tutte richieste con l’impasto “superior”, ovvero un mix di farina di soia, riso e frumento e una lievitazione molto lunga con madre disidratata.
Non essendo amante delle rosse, mi dedico solo alla mia pizza che, come tutte le cose, ha dei pro e dei contro. Trovo l’impasto molto buono, ben lievitato, soffice, ben cotto. Probabilmente al momento è uno dei migliori impasti di zona. Una nota meno felice invece per il topping, ricco ma poco legato, scondito e (a) crudo (mea culpa l’aver pensato che almeno il radicchio sarebbe stato cotto). Ma sicuramente un abbinamento fresco e leggero per il primo weekend di luglio!